Cultura

Rapunzel è napoletana: fu inventata dal Basile

rapunzel giambattista basile

Rapunzel è napoletana. Dopo Cenerentola e Giulietta. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, dunque. Ancora una volta la cultura napoletana, la storia partenopea che trionfa e che è più che giusto sottolineare.

Petrosinella il suo vero nome

La Rapunzel dei giorni nostri si chiamava Petrosinella e ad inventarla è stato, manco a dirlo, Giambattista Basile. Una notizia che arriva praticamente in contemporanea con un altro ‘smascheramento’ storico. Quello relativo al famoso balcone di Giulietta a Verona che è,  di fatto, un falso inventato nel 1935.

Giambattista Basile

Si tratta di letteratura, di suggestioni ma anche di turismo. Ma anche dell’ennesima dimostrazione che purtroppo nel territorio nostrano si fa fatica a valorizzare le bellezze esistenti.

“A Napoli – ha commentato il presidente del movimento neoborbonico Gennaro De Crescenzo – da 400 anni nessuno lo ha capito. Nel nostro Palazzo Reale non c’è traccia della ragazza con la scarpetta perduta a mezzanotte e i visitatori sono circa 200.000 all’anno. Quelli del ‘Castello di Cenerentola’ in Baviera e sulla via tedesca delle favole sono invece 1 milione e mezzo”.

 

La sua descrizione ne ‘Lo Cunto de li Cunti’

Un errore storico, dunque, ma al tempo stesso testimonianza di incapacità nel dare il giusto appeal alla nostra cultura: “La favola di Rapunzel – ha proseguito De Crescenzo – fu in pratica copiata dai fratelli Grimm nel 1821 e da tanti altri autori fino a Disney. L’originale è però sempre del nostro grande scrittore di Giugliano in lingua napoletana”.

Giambattista Basile appunto, che nel 1632 incluse la storia di Petrosinella ne ‘Cunto de li Cunti’. Figlia di Pascadozia, golosa di prezzemolo, Petrosinella era finita nelle mani di un’orca. “Drinto a na torre, che fece nascere ped arte, senza porte, né scale, sulo co no fenestriello. Pe la quale, pe li capille de Petrosinella, ch’erano luonghe luonghe, saglieva e scenneva”.

Rapunzel Petrosinella

La morale? “N’ora de buon puorto fa scordare cient’anne de fortuna” ma qui da noi – ha concluso De Crescenzo – aspettiamo un buon porto dopo secoli di una fortuna dimenticata troppo presto”.